Cosimo de’ Medici il Vecchio, Paolo Toscanelli e l’astrologia

Cosimo de’ Medici il Vecchio, Paolo Toscanelli e l’astrologia
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Nel XV secolo – e ovviamente prima e anche dopo, almeno fino al XVII secolo – l’affidarsi all’astrologia ovvero lo stare dietro a certe “coincidenze astrali” non era un abdicare al libero arbitrio, alla volontà, alla ragione, anzi: era considerato un modo anche avveduto di uniformarsi alle Leggi della Natura, del Cielo, un mettersi in sintonia con i voleri del Creatore.

D’altronde l’astrologia era parte integrante della vita culturale, intellettuale, artistica e scientifica dell’epoca; certo essa era usata anche come mezzo per indagare il futuro ma questa riduzione a mero strumento predittivo veniva lasciata alla gente comune giacché l’erudito, l’intellettuale, il filosofo vedevano in essa una sapienza millenaria che celava al suo interno dei messaggi che se ben compresi potevano permettere all’essere umano di svelare quindi capire le Leggi del Creato.

Questo pensavano e di questo erano consapevoli.

E lo erano anche Cosimo de’ Medici il Vecchio (1389-1464), signore di Firenze, e l’astronomo, astrologo, matematico e cartografo fiorentino Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397-1482), accomunati dallo stesso interesse per l’astrologia e con quest’ultimo che faceva da maestro al Medici nelle questioni astrali:

S’egli [Cosimo, N.d.A.] era astrologo, egli n’aveva uno universale giudicio, per avere sempre praticato con maestro Pagolo [scil. Toscanelli] e con altri astrologi; in qualche cosa vi dava fede, e usavala in alcuna sua cosa[1].

Questo interesse di Cosimo per tematiche ermetico-astrologiche è testimoniato anche da alcune tracce che troviamo sparse nei luoghi da lui frequentati.

Nel convento domenicano di San Marco a Firenze[2], che venne ampiamente ristrutturato dall’architetto fiorentino Michelozzo (1396-1472) su incarico proprio di Cosimo il Vecchio, le trentanove celle dei frati furono dipinte ognuna con affreschi eseguiti dal domenicano Beato Angelico (Guido di Pietro, 1395-1455) e dai suoi collaboratori (1439-1444); una di queste celle (la numero 39) era a disposizione di Cosimo, da lui utilizzata per ritirarsi a pregare e meditare; questa cella venne affrescata dal Beato Angelico insieme al pittore Benozzo Gozzoli (1420-1497) con l’Adorazione dei Magi e Cristo in Pietà (1442 circa); in questo affresco vediamo un personaggio con un cappello con punta rossa che tiene in mano un oggetto che certo non era comune nei dipinti dell’epoca relativi ai Magi: una sfera armillare, cioè uno strumento astronomico-astrologico che, tridimensionalmente, rappresentava con anelli metallici – armille – la sfera celeste con i suoi circoli: il meridiano, l’orizzonte, l’equatore celeste, i coluri equinoziali e solstiziali, la fascia dello zodiaco, l’eclittica.

Cosimo

Ebbene, quel personaggio con la sfera armillare in mano e così ben posizionato al centro dell’affresco, non potrebbe rappresentare lo stesso Cosimo? Ciò sarebbe un non tanto velato accenno ai suoi interessi astrologici.

Da notare, alla sua destra, un uomo con barba lunga biforcuta: può rappresentare Giorgio Gemisto Pletone (1355-1452), il grande filosofo neoplatonico bizantino che, presente al Concilio di Firenze del 1439 che doveva ricucire il secolare strappo fra Chiesa cattolica e Chiesa bizantina, introdusse e fece conoscere a Cosimo e agli intellettuali fiorentini le dottrine di Platone, viatico alla fondazione della ficiniana Accademia neoplatonica.

Ma il convento di San Marco era anche la sede della Compagnia dei Magi (o Compagnia della Stella), una confraternita di laici a carattere comunque religioso – e aggiungerei iniziatico – sorta nel 1390 e che dal 1436 era gestita e finanziata dallo stesso Cosimo: ogni tre anni (cinque dal 1447) la confraternita organizzava, il 6 gennaio, la “Cavalcata dei Magi”, ricca e sontuosa rievocazione per le strade cittadine dell’arrivo dei Magi al cospetto di Gesù, sfilata che vedeva la partecipazione di centinaia di persone sfarzosamente abbigliate e animali anche esotici. Non è escluso che questa rievocazione possa essere stata la facciata essoterica di un sodalizio che era sorto – o che Cosimo aveva così trasformato – per studiare e approfondire testi ermetici, alchemici e astrologici.

I Santi Re Magi, astronomi e astrologi, erano visti come rappresentanti e custodi di antichi saperi, come i patroni della scienza delle stelle, grandi maestri sapienziali.
Possiamo altresì vederli collegati ai pianeti: Melchiorre (“Dio è Luce”), proveniente dalla Persia e che porta l’oro, è il Sole; Gasparre (“Maestro venerabile”), proveniente dall’India e che porta la mirra, è Saturno; Baldassarre (“Bel, proteggi il re”), proveniente dall’Arabia e che porta l’incenso, è Mercurio.

Altro luogo fiorentino nel quale erano di casa sia Cosimo sia Toscanelli – e non solo loro – era il monastero camaldolese di Santa Maria degli Angeli[3], costruito nel 1295 grazie alla volontà e a un cospicuo lascito del poeta e frate Gaudente Guittone d’Arezzo (1235-1294). All’epoca il responsabile del monastero era Ambrogio Traversari (1386-1439)[4], priore generale della congregazione camaldolese, grande figura di teologo, umanista, studioso delle antichità e del monachesimo greco: grazie a lui vi furono importanti traduzioni di classici greci, sia filosofici sia teologici. Santa Maria degli Angeli era anche una frequentatissima scuola di greco e latino e, grazie alla perizia dei suoi frati, il maggior punto di riferimento dell’arte miniatoria e calligrafica.

Ma non solo questo: i motivi che portavano Cosimo e Toscanelli e molti altri umanisti a frequentare questo luogo erano che Santa Maria degli Angeli – grazie proprio a Traversari – era diventato un prestigioso centro umanistico: infatti oltre a essere un monastero era anche e soprattutto un centro culturale dove gli intellettuali fiorentini si riunivano per discutere di filosofia, teologia, geografia, cosmologia, astrologia.

Quanti uomini degni aveva la città in questo tempo, radi dì era che non andassino a visitare frate Ambrogio; ché nel tempo suo Firenze fioriva d’uomini degni. Nicolaio Nicoli, Cosimo de’ Medici, Lorenzo suo fratello, messer Carlo d’Arezzo, messer Gianozzo Manetti, maestro Pagolo [scil. Toscanelli], ser Ugolino, ser Filippo, radi dì era che non vi fussino[5].

Alto esponente della cultura teologica fiorentina Traversari fu anche l’ispiratore e il protagonista del Concilio fiorentino del 1439 e attivo autore del Decreto che il 6 luglio 1439 sancì la riunione (purtroppo effimera) della Chiesa d’Oriente con la Chiesa di Roma.


[1] VESPASIANO DA BISTICCI, Vite di uomini illustri del XV secolo, Firenze, 1859. Barbèra, Bianchi e comp., Tipografi-Editori, via Faenza. 4765, pp. 258-259.
[2] A quel tempo il governo del convento era tenuto dal domenicano fiorentino Antonino Pierozzi (1389-1459), già vicario per l’Osservanza di tutta Italia e che diverrà poi (1446) arcivescovo di Firenze. Antonino Pierozzi venne proclamato santo il 31 maggio 1523: è uno dei santi più importanti di Firenze, compatrono della città gigliata insieme a San Zanobi, il grande vescovo fiorentino del V secolo. La loro memoria, a Firenze, cade il 10 maggio.
[3] Sito in quella che oggi è via degli Alfani. Attualmente è sede della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze.
[4] Ambrogio Traversari nacque a Portico di Romagna proprio l’anno in cui il paese venne conquistato da Firenze diventando la capitale della Romagna Toscana.
[5] VESPASIANO DA BISTICCI, cit., p. 241.