Ottaviano Ubaldini della Carda (1423-1498), una ingiusta damnatio memoriae.

Ottaviano Ubaldini della Carda (1423-1498), una ingiusta damnatio memoriae.
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Gli Ubaldini erano una nobile famiglia comitale di origine longobarda, signori del Mugello dal VII secolo al 1373.

Conosciuti anche come Ubaldini della Pila, dal nome del castello presso Polcanto (Firenze) da dove provenivano, ebbero come loro ultima roccaforte il castello di Montaccianico presso Sant’Agata in Mugello, raso al suolo dalla Repubblica Fiorentina quando questa (1306) fondò Castel San Barnaba, oggi Scarperia. Un ramo della stessa famiglia si era spostato nell’XI secolo a Urbino, nel castello della Carda (Monte Nerone, Serravalle di Carda).
Fu da questo ramo umbro-marchigiano, estintosi poi nel 1752, che discese Ottaviano Ubaldini.

Nato a Gubbio nel 1423 fu figlio di Bernardino e di Aura (o Laura) Feltria, figlia naturale di Guidantonio conte di Urbino e Montefeltro, e fratello minore di Federico che sarebbe poi diventato duca di Urbino.

Di carattere sveglio, aperto, curioso, sin da fanciullo sviluppò quelle doti che lo faranno poi conoscere come uno degli uomini più colti, raffinati e influenti del Rinascimento urbinate.
All’età di nove anni seguì il padre, condottiero, a Milano, alla corte del duca Filippo Maria Visconti. Fu lì, in quell’ambiente frequentato da letterati, artisti e astrologi che in Ottaviano si affinarono gli interessi filosofici, matematici, astrologici, alchemici, esoterici, tale da venire poi chiamato “principe degli astrologi”. Rimase a Milano fino al 1447 (morte del duca Filippo Maria Visconti), quando il fratello Federico, già diventato signore di Urbino col nome di Federico II da Montefeltro, lo chiamò a sé.

Legatissimo a Ottaviano, Federico in pratica gli consegnò l’organizzazione della corte e spesso, quando era impegnato in altre questioni come le battaglie, la reggenza di Urbino.
Sotto di lui il ducato si trovò a risplendere di arte, scienza e cultura: artisti come l’architetto e ingegnere senese Francesco di Giorgio Martini (1439-1501), il matematico e frate biturgense Luca Pacioli (1445-1517), il pittore fiammingo Giusto di Gand (1430-1480) e soprattutto il pittore e matematico biturgense Piero della Francesca (1412-1492) furono coloro che impreziosirono con la loro scienza e arte il territorio e la cultura di Urbino.

Fu altresì protagonista, insieme al fratello, della creazione della preziosa biblioteca ducale che realizzò grazie all’aiuto dell’umanista e libraio fiorentino Vespasiano da Bisticci (1421-1498) che in quattordici anni farà diventare la collezione urbinate una fra le più importanti d’Italia; verrà poi acquistata in toto nel 1657 da papa Alessandro VII (Fabio Chigi) e andrà a costituire il corpo più importante della Biblioteca Apostolica Vaticana.

Nel 1472, con motu proprio del fratello, venne nominato conte di Apecchio, Mercatello e Sassocorvaro. Alla morte in battaglia di Federico (1482) si trovò a gestire da solo il potere, fino alla maggiore età del nipote Guidobaldo.

Di Ottaviano Ubaldini, pur essendo nominato “principe degli astrologi”, non abbiamo nessuna opera astrologica; nel caso però ne avesse scritta qualcuna non è escluso che questa possa essere nascosta chissà dove visto lo scarso interesse della storiografia per questo lato della sua vita.

A tale damnatio memoriae astrologica ha contribuito la responsabilità a lui addebitata per le sterili nozze fra il nipote Guidobaldo da Montefeltro e Elisabetta Gonzaga, accusato di avere indotto, con le sue “arti magiche”, l’impotenza nel nipote; le nozze erano avvenute l’11 febbraio 1488, ma Ottaviano in base ai suoi calcoli astrologici aveva sentenziato che l’unione fisica tra i due sposi doveva essere ritardata di qualche tempo onde beneficiare dei positivi influssi planetari, dando come data del primo rapporto il 2 maggio; ma Guidobaldo era impaziente e non se la sentiva di aspettare così tanto; un consiglio di astrologi arrivò allora a un compromesso eleggendo una nuova data per il talamo nuziale: il 19 aprile.
Le cose però non andarono per il verso giusto: Guidobaldo, per un difetto fisico, non riusciva ad avere rapporti, era impotente.

Subito si levò la vox populi che vide in Ottaviano e nelle sue magiche frodi l’autore di questa imbarazzante situazione; l’accusa venne ribadita, ampliata e consegnata alla storia anche dai cronisti dell’epoca, ad esempio dall’umanista e cardinale veneziano Pietro Bembo (1470-1547) che così scrisse nel 1509:

E’ cosa chiara che Guido Baldo era infermo, o fusse per difetto del corpo, o della natura, o vero, come era in bocca di tutte le brigate, per magiche fatture era stato amaliato da Ottaviano suo Zio, delle quali arti era oltre modo scientiato; e che non mai in tutta l’età sua si mescolò con donna alcuna, non essendo idoneo à tale adunatione […] .

Ciò ha gettato un’ombra sulla figura di Ottaviano Ubaldini della Carda cancellandone la memoria astrologica e probabilmente anche suoi eventuali scritti.
Morì nel luglio 1498 mentre era in viaggio tra Gubbio e Cantiano. Venne sepolto nella chiesa di San Francesco a Cagli.