Reincarnazione: sì o no?

Reincarnazione: sì o no?
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dico uomini le anime che si servono dei corpi
(Origene, Princ. IV 2,7)

Il tema è certo complesso e non è questa la sede per dotte disquisizioni che rischierebbero di essere solo delle ripetizioni di quanto è stato scritto e detto su questo affascinante e nel contempo insidioso e scivoloso argomento.
Molte religioni e dottrine esoteriche, filosofiche e soprattutto teosofiche parlano di reincarnazione o metempsicosi intesa come trasmigrazione dell’anima da un corpo a un altro per arrivare, esistenza dopo esistenza, a evolversi spiritualmente affrancandosi così dalla materia raggiungendo poi l’illuminazione.
Il corpo umano diventa quindi un involucro fisico in cui l’anima entra e che la stessa “usa” per fare alcune esperienze formative utili alla propria evoluzione. Qui tratto di questo.

Era poi credenza, presso gli Antichi, che le anime abitassero sui pianeti, chiamate poi a incarnarsi nella forma umana: così vi erano anime che provenivano da Mercurio e per questo aventi un carattere mercuriale; altre da Venere quindi con carattere venusiano; ecc., ecc.

Alcuni mi hanno chiesto come possa essere comprensibile il concetto della trasmigrazione, specie considerando che se il corpo è un involucro e poi l’anima se ne va in un altro corpo allora quella non è più la “mia” anima perché poi diverrà l’anima di un altro individuo e prima di me sarà stata l’anima di qualcun altro ancora; oppure sono “io” che vado di corpo in corpo: ma allora chi è questo “io”? Vediamo di rispondere a questi interrogativi andando a vedere, in modo molto semplice, il viaggio quindi l’esperienza di un’anima seguendo questi concetti. Ripeto: niente di dotto ma un’esposizione semplice e tranquilla su alcune curiosità e ipotesi in merito allo svolgimento di queste incarnazioni. Vediamo quindi il “viaggio” di un’anima.

Supponiamo che un’anima che abita su Marte ‒ o altro pianeta che volete ‒ venga chiamata per la prima volta a incarnarsi ed entri nel corpo di una persona che definiamo con la lettera “A”. L’anima fa la sua brava esperienza e dopo mettiamo ottant’anni la persona “A” muore e l’anima se ne torna a casa su Marte in attesa di essere nuovamente chiamata. Dopo un tot di tempo (che alcune correnti religiose dicono durare anche solo un istante) le viene chiesto di incarnarsi nuovamente e lo fa entrando nel corpo di un’altra persona che chiameremo “B”. Anche qui, dopo mettiamo settant’anni, la persona “B” muore e l’anima se ne torna nuovamente al suo pianeta. Dopo un po’ di tempo, altro giro e altra corsa: l’anima entra nel corpo di un’altra persona, il soggetto “C”, poi questo muore e l’anima ritorna, fino alla prossima incarnazione, a casa sua. E via così.
Ogni incarnazione è un’esperienza che l’anima fa, tutto finalizzato alla propria evoluzione. Ed ecco che viene nuovamente chiamata a incarnarsi e lo fa nel corpo di, mettiamo, mio padre, che si chiamava Otello. Mio padre è morto nel 1993. Quest’anima, che ha vissuto la sua ennesima esperienza terrena come mio padre, alla morte della persona se ne ritorna sul suo pianeta in attesa della prossima chiamata. Ammettiamo ora che questa chiamata le sia stata fatta subito dopo la morte del corpo fisico di mio padre, quindi nel 1993, e ammettiamo che in quell’anno l’anima si reincarni in un soggetto che chiameremo John Smith e che abita negli Stati Uniti d’America. Oggi questo John Smith ha quindi ventinove anni.
Ammettiamo che io, ora, voglia parlare a mio padre; certo, è morto, ma parlo alla sua anima: capita spesso e penso un po’ a tutti, anche a chi non crede all’anima; quante volte chiediamo, mentalmente, aiuto ai nostri genitori defunti “parlando” con loro, chiedendo un consiglio? Credo venga spontaneo. Quindi io ora cerco di parlare all’anima di mio padre. Ma al tempo. L’anima adesso è dentro John Smith. Se io cerco di “collegarmi” con mio padre, con chi mi sto connettendo? Con la sua anima? E se per caso anche i nipoti del soggetto “C” volessero connettersi con l’anima del loro parente, e magari anche i pronipoti del soggetto “B”, tutti noi a chi ci stiamo rivolgendo? Io a mio padre e gli altri al loro avo? Ma l’anima è una e ha vissuto le proprie esperienze evolutive come soggetto “A” poi “B” poi “C” poi come mio padre e adesso come John Smith. Io mi rivolgo a mio padre o a chi? Magari questo John Smith sta camminando per strada per i fatti suoi ignaro che l’anima che ha dentro …si sta connettendo con i parenti delle sue passate incarnazioni! Pare buffo, no?

Faccio un altro esempio.
Un’anima viene chiamata a incarnarsi per la prima volta ed entra nel corpo di una persona che sarà poi conosciuta come Alessandro Magno. Dopo qualche secolo questa stessa anima si incarna nel corpo di Giulio Cesare. Passano altri secoli e quest’anima si reincarna nel corpo di Napoleone. È la stessa anima che prima ha vissuto come Alessandro Magno poi come Giulio Cesare e poi come Napoleone ‒ qui non sto inventando niente: ci sono teorie reincarnazioniste che dicono che Napoleone era la reincarnazione di Giulio Cesare che a sua volta era la reincarnazione di Alessandro Magno.

Ammettiamo ora che in questo momento sulla Terra si svolgano, contemporaneamente, tre sedute spiritiche: una in Australia, una in Italia e una in Canada; contemporaneamente vuol dire nello stesso momento, nello stesso istante. In Australia vogliono mettersi in contatto con Alessandro Magno: “Anima di Alessandro Magno, se ci sei batti un colpo…”, in Italia con Giulio Cesare e in Canada con Napoleone. L’anima è la stessa ed è una. Con chi entra in contatto quest’anima? Con tutte e tre le sedute spiritiche contemporaneamente?

Per capire come possa essere possibile questo cioè come l’anima possa contemporaneamente parlare con più persone ed essere per tutte solo l’anima di quel soggetto da loro evocato faccio un esempio usando una metafora.
Tutti noi abbiamo un computer e tutti noi conosciamo le “cartelle” o directory, cioè quei “contenitori” che ci permettono di raggruppare in essi dei “file” o documenti, cartella che viene rappresentata da un’icona gialla a forma proprio di cartella. Ebbene, la cartella altro non è che l’anima nella sua interezza e totalità. Quindi abbiamo una cartella denominata “ANIMA_X”. Ogni volta che l’anima fa la sua brava esperienza terrena viene creato un file relativo a questa esperienza che viene inserito in questa cartella; così, ritornando all’esempio iniziale, aprendola troveremo un file denominato “001_soggetto A”, un altro denominato “002_soggetto B”, un altro ancora denominato “003_soggetto C”, un altro denominato “004_Otello” e poi quando sarà morto anche un file denominato “005_John Smith”, ecc. Quando io cerco di mettermi in contatto con mio padre si apre sì la cartella “ANIMA_X” ma si attiva solo il file “004_Otello” mentre gli altri rimangono chiusi o dormienti.
Nelle sedute spiritiche di cui sopra, quando in Australia chiamano l’anima di Alessandro Magno si attiva il file “Alessandro Magno”, mentre si apre il file “Giulio Cesare” per i partecipanti alla seduta in Italia e il file “Napoleone” per quelli canadesi. Ma l’anima è la stessa.

In questo modo viene fatto salvo il perché una stessa anima possa essere invocata da più soggetti senza questo creare cortocircuiti comunicativi o intasamenti sulla “linea telefonica” con l’aldilà. E anche come quell’anima sia nel contempo Alessandro Magno, Giulio Cesare, Napoleone ed eventuali altri “involucri” da lei vissuti in passato.

Ecco che quando diciamo “io”, quell’io che parla è l’anima ed è quindi l’anima che può a buon diritto dire che prima era Alessandro Magno poi ha vissuto come Giulio Cesare e poi come Napoleone. Stessa cosa per l’anima che prima ha vissuto come soggetto A, poi B, poi C, poi come mio padre e adesso come John Smith. Una sola, la stessa, ma con dentro le esperienze formative fatte nei vari corpi.

Mi rendo conto che quanto detto appaia come un fumetto ma è l’unico modo per spiegare ciò che succede in termini comprensibili. Ve l’ho messa giù in modo molto banale ma è stato fatto per tradurre e far comprendere in modo semplice un qualcosa che semplice non è.

Ma ci sono anche coloro che dicono che la reincarnazione non esiste, come la religione cristiana.
Ecco a questo proposito le parole di Giovanni Paolo II nella sua Lettera Apostolica “Tertio Millennio Adveniente” (II, 9, 1994).

Alcuni hanno immaginato varie forme di reincarnazione: in dipendenza da come egli ha vissuto nel corso dell’esistenza precedente, si troverebbe a sperimentare una nuova esistenza più nobile o più umile, fino a raggiungere la piena purificazione. Questa credenza, molto radicata in alcune religioni orientali, sta ad indicare, tra l’altro, che l’uomo non intende rassegnarsi alla irrevocabilità della morte. È convinto della propria natura essenzialmente spirituale ed immortale.
La rivelazione cristiana esclude la reincarnazione e parla di un compimento che l’uomo è chiamato a realizzare nel corso di un’unica esistenza sulla terra.

Quindi qui c’è una sola vita e basta. Non ci si reincarna. In tal senso quando il corpo muore l’anima va in quel luogo chiamato Paradiso (se è stata giusta) e lì rimane in attesa del Giudizio Universale e del ricongiungimento col corpo che aveva. In questo caso quell’anima è l’anima della persona defunta: è sua, personale, individuale, non c’è un’anima che via via assume corpi fisici diversi ma una sola anima, una per ogni essere vivente. Quindi nel momento in cui desidero “parlare” a mio padre io sto veramente rivolgendomi a lui ovvero alla sua anima che è sua, è lui, non è un’anima-condominio dove è necessario suonare il campanello giusto per parlare col condomino in questione.

Certo in questo caso, cioè in assenza di reincarnazioni, la cosa ‒ la vita ‒ si fa maledettamente difficile: e se la ciambella non ti riesce subito col buco? Purtroppo non ti viene data un’altra possibilità. Hai chiuso. Se c’è una vita sola devi darti da fare per rigare dritto in questa vita. Nella “Lettera agli Ebrei” (I sec. d.C.), attribuita a Paolo di Tarso ma di autore ignoto, si legge: «E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio […]» (9, 27). Quindi si vive e si muore una volta sola.

Ma perché, allora, c’è chi nasce a Buckingham Palace e chi su un barcone di migranti al largo delle coste di Lampedusa? Perché Dio già dalla nascita dà buone chances a uno e impone sofferenze a un altro? Se c’è una vita sola e da quella dipende se alla fine ti salvi o non ti salvi, allora facci partire tutti uguali, dai a tutti gli stessi “talenti” poi si vedrà e vinca il migliore. Eh no! Nella parabola dei talenti il padrone, partendo per un viaggio, dà a un suo schiavo cinque talenti, a un altro ne dà due e a un altro ancora uno solo; quando poi ritorna chiede cosa ne hanno fatto: i primi due li hanno investiti e hanno ricavato il doppio di quanto avevano ricevuto e per questo vengono premiati, ma l’ultimo, che ne aveva ricevuto uno solo, per paura di perderlo lo aveva sotterrato e al ritorno del padrone gli presenta lo stesso scarno talento che aveva prima e così il padrone lo castiga.

Quindi c’è chi parte in questa vita da Buckingham Palace quindi già avvantaggiato ovvero con cinque talenti in tasca e chi da un barcone di migranti a cui è stato dato un solo talento. È ovvio che chi ne ha ricevuti cinque può anche spenderne due per bere e divertirsi visto che poi gliene rimangono sempre altri tre da far fruttare; ma quello che ne ha ricevuto uno solo? Deve far fruttare quello e non può permettersi altro quindi ha un lavoro più duro degli altri.

Ma perché il padrone non ha dato a tutti lo stesso numero di talenti? Perché è partito già con questa discriminazione? Perché ha dato più chances a uno e meno a un altro? È qui che, per i suoi fautori, entra in campo la reincarnazione: per rispondere a queste domande.

In definitiva cosa è meglio credere? O anche: cosa è più logico o giusto per voi? Reincarnazione sì o reincarnazione no?


Foto da: www.krishna.com