La dea Feronia

La dea Feronia
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Oggi, 13 novembre, nell’antica Roma era il giorno dedicato alla dea Feronia, lì venerata come dea dell’abbondanza.

Una divinità che anche gli Etruschi e i Falisci adoravano e che pare avere un suo retroterra nell’antica dea etrusca Cavtha, “il sole che nasce”, moglie – o controparte – del dio Śur, “il Nero”. Per questo alcuni l’hanno assimilata a Persefone moglie di Ade.

A Pyrgi la dea Cavtha aveva l’epiteto di sech, “figlia”, ciò che richiamerebbe Kore (“fanciulla”), la figlia di Demetra rapita da Ade e che per questo poi si chiamerà Persefone (o Persephassa o Pherephassa), “colei che nutre [la mente]”.
Ha quindi, Cavtha, caratteri sia solari sia ctonii. È il sole dell’alba che ritorna dagli inferi o che ritornerà quando arriverà la primavera. È per ciò che è venerata in questo periodo, per ricordarle di ritornare. È la speranza.

Feronia, la dea etrusca del fuoco e della fertilità, diventa per i Romani la dea della natura, degli animali, degli schiavi liberati, dei malati che sperano di ritornare sani; insomma, la dea di tutto ciò che dal basso deve poi ritornare in alto: dal buio (della schiavitù, della malattia) alla luce, appunto il sole che rinasce. La dea delle grazie, insomma.

Non a caso era festeggiata in questo periodo, quando il Sole è in Scorpione (a 15° del Segno nel 290 a.C. circa, quando il suo culto venne introdotto a Roma): gli animali-totem del Segno sono l’aquila e il serpente, cioè l’animale che più è vicino alla terra (tutto il suo corpo è a contatto con essa) e l’animale che più se ne allontana quindi colui che più di tutti si avvicina al sole: dal basso all’alto, quindi, da una condizione primitiva e ctonia a una solare e divina.

È l’essere umano che anela affrancarsi dalla schiavitù terrena, che spera di ritornare al paradiso perduto, di ritornare alla vera casa, finalmente libero. Morte e rinascita, come ben si conviene al periodo sotto la tutela di Plutone/Ade.

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