Ofiuco, Ofiuco, Ofiuco… non se ne può più

Ofiuco, Ofiuco, Ofiuco… non se ne può più
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Breve discorso ironico/semi-serio (o forse no)

Vedo che ancora una volta su giornali e riviste si parla del 13° Segno e di conseguenza dell’inconsistenza dell’astrologia, ignorando che la debolezza, la labilità e la fallacia ce l’ha proprio la questione Ofiuco.

Fu l’astronoma e scrittrice inglese Jacqueline Mitton della Royal Astronomical Society a far partire, in una trasmissione della BBC del febbraio 1995, tutta la questione di Ofiuco come 13° Segno zodiacale.

L’argomento viene ritirato fuori e riproposto in questi giorni in un incontro/lezione pubblico dove astronomi di tutto rispetto spiegano (!) l’astrologia, incontro che peraltro è rivolto a ragazzini che ludicamente verranno edotti sulle dabbenaggini astrologiche; questo il titolo dell’evento[1]: Sotto il segno dell’Ofiuco; e questo il testo di presentazione: “L’oroscopo è solo un gioco, lo sanno tutti. Ma non tutti sanno che oltre all’Ariete, al Toro e compagnia bella esiste anche un tredicesimo segno zodiacale: l’Ofiuco. Vedremo insieme cosa è lo zodiaco e inventeremo un oroscopo per divertirci”.

Inventare un oroscopo per divertirvi? Ma se lo inventate certo che vi divertite, mi divertirei anch’io, però ditelo per favore che non c’entra nulla con l’astrologia.

Ma perché poi parlate di astrologia? Non credo la conosciate. E ciò francamente non è serio: non si disserta su materie delle quali non si ha pratica, dimestichezza, addirittura poi sentenziandoci sopra. Perché voi (mi rivolgo a chi ha messo su questa “cosa”) invece lo fate? Non la conoscete, l’astrologia.

Ah! già, è vero, dimenticavo: una volta un astronomo disse che una sciocchezza – leggi astrologia – non c’è bisogno di conoscerla per confutarla. E bravo il mio “scienziato”, complimenti davvero.
Ora, non è perché voi studiate il cielo che questo vi dà il diritto di pontificare sull’astrologia solo perché anche lei – l’astrologia – ha il cielo come “tavolo di lavoro”. Suvvia, andiamo!
Parlate di Segni zodiacali e poi ci mettete l’Ofiuco. Ma sapete cosa sono i Segni? Pronto, c’è nessuno in casa? Ho detto “Segni” non Costellazioni.

Mi rendo conto che non è questa la sede per parlare dei “massimi sistemi”, però qualcosa va detto anche se in modo molto semplice e un po’ alla carlona e anche se ne ho già accennato in un post precedente (“Segni e Costellazioni?”).

In pratica i Segni zodiacali devono essere visti proprio come dei “segni”, cioè dei “segnali”, dei “post-it” messi dai nostri antenati in quel luogo del cielo per indicare e ricordare a loro stessi e ai posteri il comportamento stagionale del Sole lungo il suo tragitto celeste (visione geocentrica: d’altronde abitiamo sulla Terra, no?), tragitto che gli antichi hanno diviso in 12 zone (anche “stazioni” le chiamavano) in analogia con le 12 ore doppie equinoziali babilonesi che scandivano la giornata.
Ore doppie? Sì. Ce lo racconta anche Erodoto: i Babilonesi dividevano la giornata in 12 ore doppie (kaspu o bēru), e molti popoli, specie quelli che utilizzavano tale suddivisione (i Cinesi ad esempio), davano a ognuna di esse il nome di un animale.
Ebbene, visto che “così come in Cielo così in Terra” e viceversa (omologia Cielo-Terra), questa suddivisione animalesca della giornata venne “fatta salire” in cielo (ecco il nome “zodiaco”, da zōdion, diminuitivo di zōon, animale), così da avere anche là delle immagini di riferimento, degli appigli, delle misure che scandissero il “grande tempo” (l’anno) in analogia con il “piccolo tempo” (la giornata); quindi 12 bēru giù e 12 bēru su.

Ovviamente gli animali del cielo non rimasero gli stessi delle ore della giornata giacché quelli celesti dovevano rappresentare/simboleggiare/indicare il comportamento stagionale del Sole, le sue variazioni di moto lungo l’anno: così, ad esempio, il periodo in cui il Sole sembra fermarsi e tornare indietro, come se camminasse a ritroso o comunque di lato, venne chiamato “Granchio” (Cancro), e in cielo disegnarono delle chele di granchio a mo’ di grande post-it, così da segnarsi, segnalare e ricordare che quando il Sole arriva in quello spazio/tempo “cammina” come un granchio.

Erano dei punti di riferimento celesti quindi dovevano per forza essere di un certo numero e non di un altro, di una certa ampiezza e non di un’altra, fissi e non mobili.
Da notare inoltre che è da questi 12 bēru o kaspu che si arriverà poi a dare alla circonferenza il valore di 360°.

Ovviamente la cosa è molto più complessa di come l’ho qui superficialmente riassunta, anche perché poi l’anno in Mesopotamia era una scansione temporale misurata con la Luna non col Sole, ovvero composta da 12 cicli lunari ognuno di 30 giorni.

Ma ritorniamo a noi: se le ore babilonesi sono 12 ovvero 12 sono le “stazioni zodiacali”, perché volete farle diventare 13? Sarebbe come, che so, far valere l’angolo giro 361°. Vi sembra possibile?
Quindi 12 “segnali” in cielo che erano, sono e saranno sempre 12, come d’altronde lo sono i mesi, ché se mettete Ofiuco allora dovreste anche chiedere a una ipotetica “Commissione Internazionale del Tempo e delle Misure” (esiste?) di variare anche il numero dei mesi e inserirne uno nuovo: fa ridere il fatto di inserire un nuovo mese, vero? Fa ridere anche a noi Ofiuco. Quindi non è possibile, non torna, o meglio, non c’entra niente pur essendo Ofiuco una costellazione zodiacale (ma non un “segno”).

Qualcuno (furbo!) ha detto: ma se c’è anche Ofiuco inseriamocelo lasciando comunque la suddivisione dello zodiaco in 12 parti; e bravo: così facendo avremmo dei Segni ampi ognuno 27° 41’ 32” circa, cioè ogni Segno avrebbe una durata temporale di 27 giorni, 16 ore e 14 minuti circa.
E allora facciamo l’anno di 13 mesi e un pezzettino, che vi devo dire!
Gli antichi già conoscevano Ofiuco (era una delle 48 Costellazioni menzionate da Tolomeo nel suo Almagesto, VII-VIII), e secondo voi perché non l’hanno inserito? Perché sennò (scherzo, ma non tanto) l’umanità avrebbe rischiato di avere un angolo giro di 332° 18’ 24” circa. Voglio vedervi a lavorare con quel valore!

Quindi, per favore, se a qualcuno capitasse di andare a questi incontri dovrebbe cortesemente dire a quei signori di non sentenziare sull’astrologia, di non inculcare idee sbagliate, anzi, di non parlare proprio di astrologia, non è la loro materia, sic et simpliciter.
Poi succede che la gente ci crede e noi lì ad affannarci a rimettere le cose a posto.


[1] “Astrokids”, presso Libreria Feltrinelli, Milano, 26 novembre 2017.

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