L’astrologia nel mondo arabo antico

L’astrologia nel mondo arabo antico
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Il 16 luglio del 622 d.C. il profeta Muhammad (570?-632), a seguito delle ostilità a lui rivolte dalle autorità politiche e religiose per le sue prediche monoteiste, fu costretto a emigrare (egira) dalla città della Mecca verso Medina (allora Yathrib).

Ritornerà, trionfante, nel 630, due anni prima di morire.
Nel 637, dal califfo Omar, verrà ufficializzato il Calendario islamico il cui anno 0 verrà posto al 622 d.C.

Dopo appena una decina di anni dalla morte di Muhammad l’Islam (letteralmente ‘sottomissione’, ‘abbandono a Dio’) era religione in tutta la penisola arabica, e da lì partì un’espansione islamica nell’Africa del Nord, in Spagna, Italia meridionale, Persia, India, Cina.

Inizialmente, durante la veloce conquista militare, i musulmani (muslim, colui che professa l’Islam), presi dall’ardore religioso non si curarono affatto della cultura dei paesi che conquistavano, anzi, spesso scendevano a veri e propri atti di distruzione come ad esempio quella perpetrata dal califfo Omar che conquistando Alessandria ordinò nel 641 di bruciarne la famosa Biblioteca adducendo che se i libri che lì vi erano custoditi asserivano le stesse cose del Corano erano inutili, se dicevano il contrario erano dannosi.

Fu solo verso l’VIII-IX secolo che nel mondo islamico, grazie a un più stretto contatto con la cultura dei paesi conquistati, si fa strada un forte interesse per le discipline filosofiche, matematiche, astronomiche, in special modo quelle del mondo ellenistico grazie alla traduzione in arabo delle opere di Aristotele, Euclide, Platone.

Anche e soprattutto i contatti con la Persia e più che altro con l’India avranno un notevole impatto nella cultura araba specie per quanto riguarda matematica e astronomia. L’India fu veramente una fucina di informazioni e cultura per il mondo arabo: già grazie agli Achemenidi[1], che nel V secolo a.C. estesero il loro dominio fino all’India nord occidentale, le nozioni astronomiche babilonesi arrivarono in India; in seguito, con la penetrazione dei Seleucidi[2] del IV e III secolo a.C., anche le idee greche attecchirono in India, e fu così che quando gli Arabi arrivarono in India vi trovarono una mole di lavori e scoperte astronomiche che, assieme a quelle acquisite direttamente dalle traduzioni arabe dei classici greci, divennero base sulla quale essi elaborarono una struttura astronomica e astrologica cui siamo debitori.

E però, se dobbiamo dare a Cesare quel che è di Cesare, non possiamo non accennare all’apporto che un popolo come i Sabei seppe dare alla cultura araba, in special modo i Sabei di Harran in Mesopotamia: si racconta che quando l’imperatore Giustiniano[3] chiuse la scuola platonica di Atene (529 d.C.) essa si trasferì prima ad Alessandria d’Egitto, poi ad Antiochia infine ad Harran, città quest’ultima nella quale già da parecchi secoli stavano confluendo tradizioni diverse che ne avevano fatto un centro di notevole cultura.

Eredi dello gnosticismo egiziano e della tradizione astrologica babilonese, i Sabei erano considerati veri e propri custodi dell’arte astrologica caldea: lo storico al-Ma’sudi (X secolo) racconta di due iscrizioni al di sopra del portale del luogo nel quale si riunivano i Sabei che così recitavano: “Colui che conosce la sua natura diventa Dio” e “L’uomo è una pianta celeste con la radice rivolta verso il Cielo”; racconta poi che la città di Harran era circondata da sette colline e su ognuna si ergeva un tempio dedicato a una divinità planetaria: così il tempio di Saturno aveva una forma esagonale e la statua del dio lì contenuta era di piombo; il tempio di Giove aveva forma triangolare e la statua era di stagno; quello di Marte era di forma quadrata e la statua del dio era di ferro; anche il tempio del Sole era di forma quadrata ma la statua che rappresentava il dio-Sole era d’oro; Venere aveva un tempio triangolare e la statua era ricoperta di rame; Mercurio aveva un tempio esagonale e la statua aveva delle piccole cavità dove veniva versato del mercurio; la Luna godeva di un culto particolare e il suo tempio era la terra stessa.

Si può veramente affermare che tutta la letteratura astrologica araba venne influenzata dalla cultura sabea, e altrettanto si può affermare che gli Arabi fecero veramente progredire sia l’astrologia sia l’astronomia: filosofi, matematici, astronomi e astrologi riuscirono davvero a rendere fertile e innovativa la cultura araba, e Baghdad (fondata il 24 luglio 762) divenne una delle sedi privilegiate in cui si riunivano le menti più eccelse a discutere del cielo, dei numeri, di Dio e dell’uomo.

Uno fra i primi astrologi alla corte dei califfi fu Teofilo di Edessa (685-785), cristiano maronita, autore di vaste opere astrologiche, che venne nominato capo degli astrologi alla corte del califfo al-Mahadî; partecipò, insieme ad altri astrologi, alla fondazione di Baghdad.

Ma Baghdad divenne un vero e proprio centro culturale grazie soprattutto all’azione del califfo al-Ma’mun (786-833), patrono di filosofi e scienziati, che fondò un’accademia chiamata ‘Casa della Saggezza’ i cui componenti si prodigarono nella traduzione di classici greci e di preziosi manoscritti provenienti da Bisanzio; appassionato e studioso di astronomia e astrologia, fondò nell’829 il primo Osservatorio permanente al mondo sulle colline di Baghdad.

Molti furono poi gli studiosi che riuscirono a dare notevoli contributi all’astrologia e alla scienza delle stelle in genere, e fra questi citiamo al-Khwārizmĭ (780-850), nato a Khiva in Uzbekistan e morto a Baghdad, matematico, astronomo e astrologo, autore del primo libro sull’algebra[4], di un importante trattato sulla numerazione indo-araba[5] e di un’opera astronomica e astrologica (“Sindhind zij”) basata su testi astronomici indiani dati in dono alla corte Abasside da una missione diplomatica indiana nel 770 (uno dei primi, se non addirittura il primo contatto degli Arabi con l’astronomia indiana).

Abū-Ma’šhar (787-886)[6], conosciuto nel Medioevo con il nome latinizzato in Albumasar, autore di testi importanti come il “Liber introductorii maioris ad scientiam iudiciorum astrorum” (“Grande introduzione alla scienza dell’astrologia”) in otto libri, tradotto in latino da Giovanni di Siviglia nel 1138, oppure come “De magnis coniunctionibus” (“Le grandi congiunzioni”), anch’esso composto di otto libri, tutte opere che ebbero un grosso impatto nella cultura astrologica del medioevo cristiano.

Al-Kindi (800-873), nato a Bassora e morto a Baghdad; considerato “il filosofo degli Arabi”, vero uomo di cultura del suo tempo, si interessò sia di medicina che di matematica e di astronomia; fu il primo a parlare dettagliatamente di metafisica riguardo l’astrologia; autore, fra le altre cose, del “De Radiis”, in cui tratta di astrologia e magia naturale.

Al-Farghāni (805-880), anche lui come al-Khwārizmĭ nato in Uzbekistan, a Fergana, conosciuto con il nome latinizzato Alfargani, figura notevole di astronomo e matematico, autore del “Kitab fi al-Harakat al-Samawiya” (“Elementi di Astronomia”), il trattato di astronomia più celebre fino al XVII secolo e che nella sua traduzione latina (ad opera prima di Giovanni de Luna e in seguito di Gherardo da Cremona) era presente in tutte le biblioteche europee e a cui si rifece Dante (nella traduzione di Gherardo da Cremona) per le sue esposizioni astronomiche presenti nel Convivio e nella Vita Nova.

Al-Battānĭ (858-929), conosciuto con il nome latinizzato Albatenius, nato ad Harran (la sua famiglia apparteneva alla setta dei Sabei), astronomo, matematico e astrologo (denominato il “Tolomeo arabo”), autore del “Kitab az-zij” (“Libro delle Tavole”), tradotto in latino da Platone di Tivoli nel 1116 con il titolo “De motu stellarum” e in cui sono esposti, tra le altre cose, perfezionamenti della durata dell’anno, della precessione degli equinozi e un catalogo di 489 stelle.

Al-Qabisi (morto nel 967 a Saragozza), conosciuto con il nome latinizzato Alcabitius, autore di una “Introduzione all’arte dell’Astrologia” che si può considerare il trattato astrologico più famoso nel medioevo e in cui tratta della stesura di un Tema di natività con un sistema di domificazione che da lui prende il nome.

L’egiziano ibn Yunus (950-1009), nato a Il Cairo, astronomo e astrologo alla corte del califfo al-Aziz prima e poi di suo figlio al-Hakim, autore dell’opera “al-Zij al-Hakimi al-kabir”, dove spiegava tra le altre cose il calcolo per la stesura di un Tema astrale e le varie rivoluzioni solari, e delle “Tavole Hakemite”, effemeridi usate poi secoli dopo per compilare le Tavole Alfonsine; predisse la sua morte con precisione, e la settimana prima si rinchiuse in casa aspettandola e recitando versi del Corano.

Al-Bīrūnī (973-1048)[7], uno dei massimi scienziati arabi, autore di più di cento opere che spaziano dall’astronomia alla geografia, dalla matematica alla medicina alla mineralogia, e fra le quali citiamo il “Kitāb al-Tafhīm” (“Libro delle istruzioni sui principi dell’arte dell’astrologia”), una eccellente sintesi tra elementi astrologici greci, indù e iranici.

Il persiano ibn Sina (980-1037), nato a Afshena, conosciuto con il nome latinizzato Avicenna, medico, matematico, astronomo; all’età di tredici anni iniziò a studiare medicina e a sedici già trattava pazienti con tale eccelsa maestria che la sua fama arrivò fino alle orecchie del sultano che acconsentì a sottoporsi alle sue cure traendone grossi benefici; è autore, tra le 450 opere da lui scritte, del “Kitab al-Shifa” (“Il libro delle cure”) in cui tratta anche di astronomia e astrologia, di quest’ultima asserendo la sua importanza per una corretta indagine medica, anche se spesso, dice, le predizioni astrologiche sono fallaci, ma questo non tanto per colpa dell’astrologia quanto dell’incapacità umana a leggere attentamente il cielo.

Al-Zarqālĭ (1028-1087), conosciuto in Occidente con il nome di Arzachel, fu il maggior astronomo del suo tempo e svolse la sua attività in Spagna, a Toledo; sue sono le famose tavole planetarie note come “Tavole toledane”; fu anche inventore di uno strumento per i calcoli trigonometrici, una sorta di astrolabio universale, la safiha zarqālliyya (lamina di al-Zarqālĭ), conosciuta come saphaea.

Di derivazione araba (beduina, preislamica, islamica) sono poi molti nomi di stelle: tanto per dare alcuni esempi, Aldebaran, l’alfa della costellazione del Toro, deriva dal preislamico al-dabarān, ‘la seguente’, riferendosi al fatto che questa stella sembra seguire nel cielo le Pleiadi; Hamal, l’alfa della costellazione dell’Ariete, deriva il suo nome da quello islamico della costellazione, al-hamal, ‘l’agnello’; Algedi, l’alfa della costellazione del Capricorno, deriva il suo nome dall’islamico al-jady, ‘il capretto’.


[1] Gli Achemenidi furono una dinastia persiana che dalla metà del VI secolo a.C. fino al IV secolo a.C. dominò in buona parte dell’Asia anteriore. Guida di questa dinastia furono, nel tempo, il suo fondatore Ciro il Grande, il primo ad essere chiamato “Re di Persia”, Cambise, Dario I, Serse I. Si estinse nel 330 a.C. dopo l’assassinio di Dario III vinto da Alessandro Magno nella battaglia di Gaugamela (332 a.C.).
[2] I Seleucidi erano una dinastia siriana fondata da Seleuco I Nicatore (358-281 a.C.) che governò sui territori asiatici dell’ex regno di Alessandro Magno. La loro capitale era Antiochia. Furono eccelsi protagonisti della cultura avviando un capillare processo di ellenizzazione.
[3] Flavio Pietro Sabbazio Giustiniano, conosciuto come Giustiniano I, nacque l’11 maggio 483 (corrispondente al nostro 12 maggio) vicino a Skopje in Macedonia. Nel suo Tema natale un Grande Trigono di Terra fra Mercurio, Marte e Urano dà ragione della rivoluzione giuridica da lui attuata volta a organizzare in uno schema omogeneo il diritto romano. Divenne imperatore dell’Impero Romano d’Oriente il 1° agosto del 527.
[4] “Kitab al-muhtasar fi hisab al-Jabr wa al-Muqabalah” (“Compendio di calcolo attraverso il completamento e il bilanciamento”). Dalla parola al-jabr, che significa ‘completamento’ o ‘aggiustamento’, viene il nostro termine ‘algebra’.
[5] “Algoritmi de numero Indorum” (“al-Khwārizmĭ sull’arte indiana dei Calcoli”): in questa opera al-Khwārizmĭ introdusse la cifra zero nella cultura occidentale. Dal suo nome latinizzato viene il termine ‘algoritmo’.
[6] Abū-Ma’šhar nacque a Balkh, in Afghanistan, il 10 agosto 787 (corrispondente al nostro 14 agosto), con Sole e Urano congiunti in Leone ai quali facevano da corollario, sempre in Leone, Marte e Mercurio. Morì a al-Wasit, Iraq, il 9 marzo 886.
[7] al-Bīrūnī nacque a Hwārizm, Turkmenistan, il 4 settembre 973 (corrispondente al nostro 9 settembre) alle ore 05.11, Sole, Mercurio e Ascendente in Vergine, Luna e Urano congiunti in Scorpione. Morì a Ghaznah, Afghanistan, il 13 dicembre 1048.


Tratto dal mio libro: “Trattato tecnico di astrologia” ed. Hoepli
Foto da: www.niqash.org

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