L’astrologia nella Roma antica

L’astrologia nella Roma antica
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I Romani ebbero un ruolo marginale nella costruzione di un corpus astrologico: ciò che sapevano di astrologia era loro arrivato dai Greci, e quindi più che di astrologia dovremmo qui parlare, inizialmente,

di forme più o meno magico-divinatorie-stellari createsi su un terreno stratificato di idee, filosofie, culti misterici, superstizioni entrate nella cultura romana attraverso i contatti con vari popoli ed etnie.

Tale situazione faceva inorridire personalità come Catone (234-149 a.C.) che non perdeva tempo nel criticare la mania del popolo romano di consultare gli astri per qualsiasi piccola inezia, cosa che, egli diceva, rendeva l’uomo schiavo e doveva certo aver creato tutta una serie di personaggi poco raccomandabili se nel 139 a.C. si arrivò a bandire gli astrologi da Roma (ma di editti del genere se ne avranno, nella storia romana, una quindicina).

D’altronde a Roma gli astrologi erano anche, e soprattutto, maghi e indovini (o a volte, loro malgrado, confusi con questi), tutta una schiera di lettori di oroscopi più che altro al servizio di quel patrizio, quel senatore o quell’imperatore che usavano la scienza delle stelle più per scopi personali, propagandistici e politici che non di ricerca o studio.

Si dovrà aspettare l’arrivo del filosofo, storico e astrologo Posidonio di Apamea (135-50 a.C.) per far sì che un’astrologia un po’ più seria e/o strutturata si diffondesse, dall’isola di Rodi dove aveva la sua famosa scuola, in Occidente quindi anche a Roma, un’astrologia che parlava e si basava sulla filosofia stoica, su concetti come determinismo e libero arbitrio, aprendosi quindi a dibattiti anche e soprattutto etico-filosofici.

Quasi tutti gli imperatori romani avevano un proprio astrologo e, alcuni di essi, addirittura, si interessavano direttamente di astrologia, per esempio Giulio Cesare (100-44 a.C.) che scrisse anche un trattato astronomico (De astris) in cui si parlava dell’influenza del Cielo sulle vicende umane e più specificamente di astrometereologia; oppure Augusto (63 a.C. – 14 d.C.) che addirittura si fece coniare monete con il proprio Segno lunare di nascita [1].

Il seme lasciato da Posidonio di Apamea fece germogliare la pianta dell’astrologia che si diffuse in ogni strato sociale: quando Giulio Cesare morì e durante le sue esequie una cometa apparve in cielo, non fu difficile per il popolo romano credere che quello fosse il segno che l’anima dell’imperatore stava ritornando alle stelle e soprattutto a Venere, considerata antenata della casata di Cesare.

Si interessarono alla scienza delle stelle (a vario titolo) anche gli imperatori Tiberio[2] (42 a.C.-37 d.C.), che apprese l’astrologia in quella Scuola di Rodi fondata da Posidonio, dove incontrò l’astrologo Tarsillo di Alessandria che divenne poi suo consigliere personale. Di Tiberio si racconta che appena due anni dopo la morte di Gesù, avendo capito, grazie all’astrologia, che quell’uomo aveva portato qualcosa di diverso e di “divino” sulla Terra, propose al Senato romano che il Cristianesimo diventasse religio lecita, ovvero religione accettata: il Senato ovviamente respinse questa richiesta. Si occupò poi di astrologia Nerone[3] (37-68), per il quale la conoscenza dell’oroscopo di chi aveva attorno era un modo per carpirne i pensieri e prevederne le azioni; fu aiutato in questo dall’astrologo Claudio Balbillo di Alessandria, da lui poi nominato prefetto d’Egitto. Domiziano[4] (51-96) fu invece prigioniero dei responsi astrologici relativi alla sua morte, avvenuta poi in effetti come pronosticato: ucciso da congiurati (ma anche questi ultimi conoscevano quei responsi…). Tra gli altri spicca Adriano[5] (76-138), l’imperatore-astrologo che ogni anno si redigeva il proprio Tema annuale e si dice arrivò a calcolare con precisione la propria data di morte.

Anche intellettuali e politici si interessarono alla materia e ne tentarono una sistematizzazione, per esempio scrittori come Marco (Mario?) Manilio (I secolo a.C.), autore degli Astronomica, poema didattico sull’astrologia in cinque libri in cui tratta, fra le altre cose, di una particolare suddivisione del Tema natale in otto Case (octotopos); senatori come Publio Nigidio Figulo (I secolo a.C.), autore di numerose opere tra le quali Sulla divinazione con i visceri, I presagi dei tuoni, Sphaera Graecanica e Sphaera Barbarica (una descrizione delle costellazioni greche e di quelle egiziane e babilonesi), e che si dice abbia assunto il nome “figulus” (vasaio) dopo aver dimostrato che la Terra gira velocemente in tondo come la ruota di un vasaio; oppure Marco Tullio Cicerone[6] (106-43 a.C.), politico, scrittore e filosofo che contribuì non poco alla diffusione del pensiero greco nella cultura romana, esperto di astrologia ma antifatalista, cosa che lo pose come acerrimo critico di certa astrologia determinista che in quel momento andava per la maggiore.

Fatalista (e comunque seguace dello stoicismo) era invece Vettio Valente (II secolo d.C.), nato ad Antiochia, autore della Antologhiai, voluminoso manuale di astrologia in nove libri tradotto in latino come Anthologiarum libri novem, dove tra le innumerevoli cose cita, nel libro II, un‘interessante esposizione dell’aspetto di “quinconce” (150°), ovvero la relazione fra Segni in quinconce legandoli a temi opposizionali[7].
Abbiamo poi l’avvocato Giulio Firmico Materno (IV secolo d.C.), autore dei Matheseos libri VIII, ovvero Gli otto libri della conoscenza o dell’astrologia, considerato il testo astrologico più completo dell’antichità (anche se una volta convertitosi al Cristianesimo scrisse il De errore profanarum religionum contro i pagani e l’astrologia-astrolatria).
Citiamo poi, seppur non romano ma vissuto a Roma (era nato a Tiro in Libia), il filosofo, matematico e astrologo Porfirio (233-305), allievo di Plotino e successore nella sua scuola, esperto di miti, alto esponente della cultura pagana romana, autore di oltre settanta opere tra le quali Contro i cristiani, un Commento all’Armonica e al Tetrabiblos di Tolomeo e soprattutto L’isagoge, un commento alle idee di Aristotele; Porfirio ha ideato anche un sistema di domificazione del Tema astrale che porta il suo nome.
Allievo di Porfirio fu il calcidio Giamblico (245-325), che ben presto però si staccò dal suo maestro costituendo una sua scuola filosofica neoplatonica ad Apamea in Siria di impostazione teurgica; Giamblico asseriva infatti l’importanza delle pratiche rituali magico-religiose oltre che della filosofia e della meditazione per arrivare a raggiungere alti livelli evolutivi e per poter comunicare con gli enti spirituali; Giamblico scrisse La summa Pitagorica e I misteri degli Egiziani, quest’ultimo in risposta polemica a Porfirio che criticava l’assetto disciplinare del suo ex allievo; interessante la filosofia che stava alla base del suo credo astrologico, quando spiega che i pianeti e le stelle non fanno e non possono far male all’uomo perché «le virtù celesti scendono di lassù tutte buone, ma mutansi di poi nel miscuglio di queste cose contrarie»[8], cioè la buona o cattiva sorte non dipende dagli astri ma dall’uso che di essi e delle loro energie fa l’uomo.

Ma a Roma l’astrologia così come noi la intendiamo non affondò solide radici; se invece intendiamo per astrologia una sorta di culto astrale, possiamo rintracciarli nella cultura e nella vita romana: Mithra, Attis o il Sol Invictus di Aureliano, cioè la divinizzazione del Sole il cui culto fu elevato dall’imperatore a religione di stato nel 270 d.C. così che il giorno del solstizio invernale divenne la più grande festa dell’anno romano; a questa si agganciarono poi i cristiani sostituendola con la nascita di Cristo (Cristo-Sole).


[1] Gli antichi romani erano usi considerare come Segno personale quello in cui era collocata la Luna, non il Sole come facciamo noi adesso: Augusto nacque il 23 settembre del 63 a.C. (corrispondente al nostro 21 settembre) con la Luna in Capricorno in trigono al Sole virgineo.
[2] Tiberio nacque a Roma il 16 novembre del 42 a.C. (corrispondente al nostro 14 novembre) e morì a Miseno (golfo di Napoli) il 16 marzo del 37 a.C.
[3] Nerone nacque ad Anzio il 15 dicembre del 37 (corrispondente al nostro 13 dicembre), con il Sole congiunto al grado con Plutone, Marte in esatta quadratura a Saturno, Mercurio isolato e in esilio in Sagittario. Si suicidò il 6 giugno del 68.
[4] Domiziano nacque a Roma il 24 ottobre del 51 (corrispondente al nostro 22 ottobre), con il Sole trigono a Marte, Mercurio in quadratura a Saturno. Venne assassinato nel settembre del 96.
[5] Adriano nacque a Italica, Spagna, il 24 gennaio del 76 (corrispondente al nostro 22 gennaio), con la Luna congiunta a Giove in Capricorno. Morì il 10 luglio del 138.
[6] Cicerone nacque ad Arpino il 3 gennaio del 106 a.C. (corrispondente al nostro 31 dicembre), con Marte e Urano congiunti al grado in Capricorno ai quali si aggiungevano Sole, Mercurio e Venere tutti in Capricorno. Morì il 7 dicembre del 43 a.C.
[7] Ad esempio, Scorpione = morte/Ariete = vita, oppure Sagittario = religione/Toro = denaro.
[8] Da I misteri degli Egiziani, I, 18, in G. BEZZA, Arcana Mundi, vol. II, p. 824.

FOTO DA: https://museiincomuneroma.wordpress.com

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