L’effetto Dunning-Kruger

L’effetto Dunning-Kruger
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«Una delle cose più dolorose del nostro tempo è che coloro che hanno certezze sono stupidi, mentre quelli con immaginazione e comprensione sono pieni di dubbi e di indecisioni» (Bertrand Russell)

«Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio» (William Shakespeare)

I due aforismi qui citati possono in una qualche misura dare un’idea del cosiddetto “Effetto Dunning-Kruger”. Ma che cos’è questo “effetto”?

È una distorsione del pensiero accertata da due psicologi americani, David Dunning e Justin Kruger della Cornell University, per cui chi è incompetente non sa di esserlo.

Detto in poche parole: una persona incompetente e inesperta tende a sopravvalutare le proprie “competenze”, non riconosce né i propri limiti né i propri errori, è arrogante e dimostra una maggiore sicurezza di sé; al contrario la persona competente ed esperta tende a sottovalutare le proprie competenze, ha meno fiducia in se stessa, è più modesta ed è portata a credere che anche gli altri sappiano quello che lui sa o che quello che sa sia una cosa normale alla portata di tutti e conosciuta da tutti, così che non si valuta o non valuta la sua competenza nella giusta misura; in altre parole non sa “vendersi”, cosa che invece riesce benissimo all’incompetente.

D’altronde fra due cani chi è quello che abbaia sguaiatamente, sbraita e si fa sentire di più? Quello più piccolo.

In altre parole chi non sa (il cane piccolo) è convinto di sapere e ostenta – abbaia – questa sua “superiorità”; chi invece sa non “abbaia” come dovrebbe perché pensa o che non sia bene farlo o che sia inutile farlo perché pensa che anche gli altri sappiano ciò che lui sa o che gli altri sappiano più di lui.
Da quest’ultimo lato si potrebbe dire che lo stupido è convinto che gli altri siano più stupidi di lui, mentre l’intelligente pensa che gli altri siano più intelligenti di lui[1].

Oggi stiamo vivendo in un’epoca dove l’effetto Dunning-Kruger è lampante e macroscopico. Oddio, non è certo la prima volta nella storia dell’Uomo ma oggi è più tangibile e diffuso che mai vista l’era digitale in cui viviamo; e anche più pericoloso. E non si salva nessuno, nessuna categoria, sia essa sociale, politica o professionale, nel grande come nel piccolo. Basta guardarsi intorno.

Ma guardandoci intorno scopriamo con orrore che serpeggia un’altra patologia, quella che possiamo chiamare la “Sindrome dell’accucciamento e dello scodinzolamento”. «Zitto e a cuccia.» Questa sta colpendo milioni di persone che nonostante tutto si accucciano e scodinzolano davanti al personaggio carismatico vedendolo come un dio-salvatore. E se per ipotesi questo personaggio uccidesse un bambino fracassandogli la testa sarebbero tutti pronti a dire che la colpa è del bambino, che è stato lui che ha dato una testata sul suo pugno.

Credo che l’area del cervello che si mette in moto in questo genere di situazioni sia la stessa che si attiva nel cervello di quelle persone che si innamorano perdutamente del serial killer in carcere. La stessa cosa. D’altronde non trovo altra spiegazione per certi comportamenti se non affidandomi alla psicologia di massa.
Ma diavolo! Basta davvero avere un minimo di abilità oratoria e qualche etto di furbizia per ammaliare milioni di persone? Purtroppo sì. È già successo nel secolo scorso. Sta succedendo anche adesso, pur con tutti i distinguo che ci sono tra una tragedia – ieri – e una farsa – oggi.
Ad esempio (ma ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale): acclamare, invocare, osannare, rivolere alla guida del proprio partito uno che ha ridotto questo partito al lumicino – che in altri momenti storici sarebbe stato mandato via con un calcio nel sedere staccandone anche i ritratti dalle pareti e condannando il suo nome a una damnatio memoriae – a quale disturbo del DSM lo colleghereste?
Mah! Rimango allibito. Non ho parole. Davvero: non ho parole.


[1] Vedi https://vittoriodublinoblog.org

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